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mercoledì 13 febbraio 2013

Le donne al tribunale

 
"Subito la sua attenzione fu attratta da dodici o quindici belle signore che riempivano le tre logge sopra gli scanni dei giudici, proprio di fronte alla sedia dell'imputato. Volgendosi verso il pubblico, vide che anche la tribuna circolare sovrastante l'anfiteatro era piena di donne: per la maggior parte eran giovani e gli sembravano molto belle: avevano gli occhi accesi e pieni d'ansia".
Stendhal, Il rosso e il nero (trad. D. Valeri), Firenze, 1965, p. 522
(Francesco Netti, "Nella corte d'assise")

Una delle più note commedie di Aristofane si intitola, in italiano, “le donne all’assemblea”, o, com’è a volte erroneamente tradotto, “le donne al parlamento”. In realtà, l’assemblea cui si fa riferimento, l’Ecclesia (da cui deriva il titolo originale Ecclesiazusai, “le consigliere”), non aveva solo funzioni legislative, ma anche giudiziarie. Insomma, le donne si intrufolano, nella commedia di Aristofane, nell’organo legislativo e giudiziario di Atene.
Un interessante articolo della Lettura del Corriere, segnala il cinquantesimo anniversario dall’ammissione ufficiale delle donne nella magistratura italiana. La svolta fu infatti la legge 66, varata, appunto, il 9 febbraio del 1963, nella quale si disponeva, all'articolo 1, che «la donna può accedere a tutte le cariche, professioni ed impieghi pubblici, compresa la magistratura, nei vari ruoli, carriere e categorie, senza limitazione di mansioni e di svolgimento della carriera». Sul punto, l'Assemblea Costituente era stata reticente: non erano passate le richieste di sancire la proibizione dell'ingresso delle donne in magistratura (volta a volta giustificate da ragioni sociali, morali o fisiologiche), ma d'altra parte non si era aperta la porta, esplicitamente, alla loro ammissione. Del resto, ancora nella prima metà del secolo XX si discuteva, in Italia, sull'eventualità di permettere o no l'accesso delle donne alle aule di tribunale, e soprattutto di permettere loro di assistere tra il pubblico alle udienze penali. Si temeva che la loro presenza potesse perturbare la «solennità» del processo penale, introducendo una pericolosa destabilizzazione emotiva.

domenica 23 dicembre 2012

Lapsus carcerario

Sulla "Domenica" del Sole 24 ore di oggi, Roberto Napoletano inciampa in un lapsus giuridico-carcerario che non può essere visto che come un segno dei tempi. Dopo aver citato il famoso regolamento di procedura criminale di Giuseppe II d'Austria, datato 1788, e le sue posizioni illuminate (e illuministe) in materia di carcerazione e procedura penale, Napoletano lamenta che anche questo governo, appena caduto, nulla abbia potuto per migliorare le condizioni delle prigioni italiane. "A più di due secoli di distanza" dai regolamenti giuseppini, nota Napoletano, "lasciamo che chi varca quel portone (colpevole o innocente) sia privato, come giusto, della sua libertà, ma ancor prima, come non è giusto, della sua dignità". Il corsivo è mio.

domenica 9 dicembre 2012

Antiquariato giuridico 2 - due temi del garantismo penale


Alessandro Magnasco
"Scene dell'inquisizione" (part.)
Riprendere libri vecchi può essere, spesso, molto istruttivo. Prendiamo le Lezioni sul Processo Penale di Carnelutti. Essendo la riforma del codice di procedura penale una delle poche riforme in ambito giuridico andate in porto nel nostro paese (o, almeno, una delle poche di una certa rilevanza), uno può immaginare di aver tra le mani un pezzo d’antiquariato. Solo le parti più generali, quelle definitorie del “processo penale” in sé, quelle insomma che non entrano nei particolari delle regole del processo penale o dell'ordinamento giudiziario italiani, dovrebbero resistere al tempo. E, per quanto tali pagine non siano poche e siano sicuramente interessanti, costituiscono pur sempre una minoranza nei quattro volumi, editi tra il 1946 e il 1949, che raccolgono le lezioni del Carnelutti. Le lezioni stesse, precedenti alla data di edizione, appartengono a un'altra era della nostra storia istituzionale, un'era nella quale, tanto per dire, il procuratore della repubblica si chiamava, ancora, procuratore del re. Perfino lo stile è pieno di toscanismi e di termini desueti, e il retroterra filosofico accentuatamente spiritualista. Insomma, tutto cospira in favore della tesi di una lettura antiquaria. Così quando si arriva al paragrafo sul processo accusatorio e si legge che esso «consiste […] non tanto nella presenza dell'accusa, quanto nella mediazione dell'accusa e della difesa tra giudice e imputato» [p. 158], si ha l'impressione di essere arrivati al redde rationem. Il processo penale accusatorio, affermava Carnelutti, non è ancora «un risultato ormai raggiunto», ma è invece una tendenza, un «passaggio […] lento e faticoso». Forti del nuovo codice di procedura, abbiamo gli elementi per affermare che il passaggio si è compiuto, per quanto lentamente e faticosamente.

mercoledì 5 dicembre 2012

Antiquariato giuridico 1 - si stava uguale anche quando si stava peggio

Una “Bordin Line” di qualche giorno fa, mi ha fatto tornare in mente un articolo di Mario Pisani uscito quarant’anni fa sui Quaderni fiorentini e che mi è capitato di leggere recentemente. L’articolo prende in considerazione quattro circolari ministeriali, nell’arco di quasi un secolo, contenenti, tutte, una serie di richiami volti a limitare o a reprimere l’inevitabile teatralità dei dibattiti penali. Si tratta di quattro circolari emesse da governi differenti, in epoche differenti, in ottemperanza a differenti codici di procedura penale. Le prime due, firmate dai guardasigilli Giovanni Battista Varè (1879) e Luigi Ferraris (1891), appartengono a due periodi diversi della stagione “liberale”. La terza è firmata dal ministro Rocco, ed essendo del 1928 risale al periodo del consolidamento dell’autoritarismo fascista. L’ultima, del 1952 (ministro Adone Zoli), è dell’Italia democristiana dell’immediato dopoguerra.

giovedì 23 agosto 2012

Sesto: visitare i carcerati


Cornelis De Wael
La prigione del Palazzetto Criminale di Genova,
da Le Sette Opere di Misericordia,
VI-Visitare i carcerati.
Tra le tante notizie citrulle della silly season politica, nessuna ha ancora battuto il tour carcerario dei deputati Alfano e Lumia che volevano intavolare una trattativa mafia-stato per chiarire la trattativa stato-mafia. Del resto, i tour carcerari dei deputati sono da sempre più forieri di lanci di agenzia che di risultati. Anche questo non farà eccezione, e in questo caso, forse, è una fortuna.
Da un bel po' mi immagino i deputati che tornano da queste visite come quelle signore borghesi per bene che sono state in vacanza in un resort in Africa, dal quale sono uscite solo un giorno e non ti dico la miseria che hanno visto in giro, guarda: una roba straziante. Nel frattempo ho letto sul Corriere della Sera che per la prima volta i magistrati in tirocinio nella nuova Scuola della Magistratura “faranno anche l'esperienza di vivere in carcere alcuni giorni e notti”. Si raccoglie così, con un certo ritardo, un vecchio suggerimento di Leonardo Sciascia per migliorare l'educazione professionale dei magistrati.

martedì 24 gennaio 2012

Articolo 34

Art. 34 Cost, comma 3: "I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi".
"Una volta riconosciuto che [...] l'Università deve essere frequentata solo dai capaci, non sarà impedita l'esplicazione di altre energie; ognuno potrà scegliere il più adatto per lui dei tanti tipi di scuola. La laurea non è il titolo che permette sempre di raggiungere le maggiori retribuzioni; è il titolo che deve essere ambito da chi alla quantità preferisce la qualità della retribuzione. Un professore universitario non è sempre meglio retribuito di un capo officina". (Michele Giuia, PSI, deputato alla Costituente, relatore dell'attuale art. 34 della Costituzione)

giovedì 27 ottobre 2011

Litigation mentality

LA DISCORDIA
Di citatorie piene e di libelli,
d'essamine e di carte di procure
avea le mani e il seno, e gran fastelli
di chiose, di consigli e di letture;
per cui le facultà de' poverelli
non sono mai ne le città sicure.
Avea dietro e dinanzi e d'ambo i lati
Notai, procuratori et avocati.
(Ariosto, Orlando Furioso, XIV, 84, a cura di C. Segre, Mondadori, Milano, 1976)

martedì 13 ottobre 2009

Tra l'uno e l'altro Holmes

Qui la mia recensione al libro di Tuzet sull'abduzione nel diritto. Un argomento davvero interessante, tra Sherlock e Oliver Wendell Holmes (ma il vero protagonista dell'affaire, ovviamente, è Peirce)

lunedì 7 settembre 2009

The Deciders

Umpires v. Judges
By BRUCE WEBER
NYT - Published: July 12, 2009
A well-loved metaphor in American jurisprudence is a matter of interpretation.