Sulla "Domenica" del Sole 24 ore di oggi, Roberto Napoletano inciampa in un lapsus giuridico-carcerario che non può essere visto che come un segno dei tempi. Dopo aver citato il famoso regolamento di procedura criminale di Giuseppe II d'Austria, datato 1788, e le sue posizioni illuminate (e illuministe) in materia di carcerazione e procedura penale, Napoletano lamenta che anche questo governo, appena caduto, nulla abbia potuto per migliorare le condizioni delle prigioni italiane. "A più di due secoli di distanza" dai regolamenti giuseppini, nota Napoletano, "lasciamo che chi varca quel portone (colpevole o innocente) sia privato, come giusto, della sua libertà, ma ancor prima, come non è giusto, della sua dignità". Il corsivo è mio.
domenica 23 dicembre 2012
domenica 9 dicembre 2012
Antiquariato giuridico 2 - due temi del garantismo penale
Alessandro Magnasco "Scene dell'inquisizione" (part.) |
Riprendere libri vecchi può essere, spesso, molto istruttivo.
Prendiamo le Lezioni sul Processo Penale di Carnelutti. Essendo la
riforma del codice di procedura penale una delle poche riforme in
ambito giuridico andate in porto nel nostro paese (o, almeno, una
delle poche di una certa rilevanza), uno può immaginare di aver tra
le mani un pezzo d’antiquariato. Solo le parti più generali,
quelle definitorie del “processo penale” in sé, quelle insomma
che non entrano nei particolari delle regole del processo penale o
dell'ordinamento giudiziario italiani, dovrebbero resistere al tempo.
E, per quanto tali pagine non siano poche e siano sicuramente
interessanti, costituiscono pur sempre una minoranza nei quattro
volumi, editi tra il 1946 e il 1949, che raccolgono le lezioni del
Carnelutti. Le lezioni stesse, precedenti alla data di edizione, appartengono a un'altra era della nostra
storia istituzionale, un'era nella quale, tanto per dire, il
procuratore della repubblica si chiamava, ancora, procuratore del re.
Perfino lo stile è pieno di toscanismi e di termini desueti, e il
retroterra filosofico accentuatamente spiritualista. Insomma, tutto
cospira in favore della tesi di una lettura antiquaria. Così quando
si arriva al paragrafo sul processo accusatorio e si legge che esso
«consiste […] non tanto nella presenza dell'accusa, quanto nella
mediazione dell'accusa e della difesa tra giudice e imputato» [p.
158], si ha l'impressione di essere arrivati al redde rationem. Il
processo penale accusatorio, affermava Carnelutti, non è ancora «un
risultato ormai raggiunto», ma è invece una tendenza, un «passaggio […] lento e faticoso». Forti del nuovo codice di
procedura, abbiamo gli elementi per affermare che il passaggio si è
compiuto, per quanto lentamente e faticosamente.
mercoledì 5 dicembre 2012
Antiquariato giuridico 1 - si stava uguale anche quando si stava peggio
Una “Bordin Line”
di qualche giorno fa, mi ha fatto tornare in mente un articolo di Mario Pisani
uscito quarant’anni fa sui Quaderni fiorentini e che mi è capitato di leggere
recentemente. L’articolo prende in considerazione quattro circolari
ministeriali, nell’arco di quasi un secolo, contenenti, tutte, una serie di
richiami volti a limitare o a reprimere l’inevitabile teatralità dei dibattiti
penali. Si tratta di quattro circolari emesse da governi differenti, in epoche
differenti, in ottemperanza a differenti codici di procedura penale. Le prime
due, firmate dai guardasigilli Giovanni Battista Varè (1879) e Luigi Ferraris
(1891), appartengono a due periodi diversi della stagione “liberale”. La terza
è firmata dal ministro Rocco, ed essendo del 1928 risale al periodo del
consolidamento dell’autoritarismo fascista. L’ultima, del 1952 (ministro Adone
Zoli), è dell’Italia democristiana dell’immediato dopoguerra.
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