Il prestigioso The Independent si chiede come facciano i Wu Ming "a ottenere narrativa di tale
potenza e complessità da un lavoro collettivo". Sulla potenza dei post di Giap (la stanza dei bottoni di Wu Ming!) non mi arrischio, ma quanto alla complessità non ci sono dubbi: una miscela esplosiva tra Lotta
Comunista (“il capitalismo è in ogni momento contraddizione in
processo”),
il “discorso del bivacco” a contrario
(“in questi giorni non si parla a vanvera, la realtà morde il culo
e ogni frase è una chiamata alle armi”) e Sergio Corbucci (“il
suo nome è moltitudine”). Roba da capogiro. Se poi ci soffermiamo sul vocabolario, c'è da vacillare per lo sforzo. Prendete l'ultimo: si parla di un "agente collettivo di enunciazione" impegnato in una "contronarrazione": un misto di diritto societario ed estetica postmoderna. Il problema è che se uno si concentra tanto sulla complessità dello stile, può sfuggire che tante volte il contenuto è assai modesto. Come quelle trattorie alla buona che scrivevano sul menù "torta di mais" e "pesce veloce del Baltico", e poi servivano polenta e baccalà.
Il grande limite dei WM è la prosa. Però come attivisti culturali sono i migliori che abbiamo in Italia.
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