Il video di Paola Taverna contestata a
Tor Sapienza dovrebbe essere intitolato, semplicemente, “La
nemesi”. Lo spettacolo della povera senatrice cui vengono ritorti
contro gli stessi cliché e lo stesso linguaggio che il M5S usa di
solito contro la “Casta” è un autentico caso di giustizia
compensativa. I topoi della retorica antipolitica del Movimento ci sono tutti: il politico intrallazzatore sotto mentite
spoglie (“er Movimento 5 Stelle che è, a Caritas?”), che si fa
vedere solo quando non ha altro da fare (“t'hanno dato cinque ggiorni de
sospenzione, se no cor cazzo che stavi qua!”) o solo quando gli
conviene (“fino a lunedì 'ndo stavi?”) e con il solo scopo di
raccattare qualche voto (“nun volemo accattonaggio de voti!”),
fino all'inevitabile riferimento polemico al lauto stipendio (i
“tremila euro”). E dall'altra parte, la povera Taverna (nomen omen), una delle più quotate urlatrici di Palazzo Madama (“a
ggente nun c'ha 'r pane e voi state a ffà e riforme
gostituzzionali!”), costretta, contrappasso dei contrappassi, ad
additare minacciosamente una contestatrice dicendole “Te, devi
abbassa' a voce”, per poi tentare il riscatto con l'arroganza tipica
del Movimento: “Io nun so' politica, so' a
ggente der Quarticciolo” – versione ruspante e degna dell'onorevole
Angelina del più ripulito ma altrettanto arrogante “noi siamo la
società civile” di Roberta Lombardi, vertice assoluto del
populismo e del delirio di onnipotenza dei parlamentari del M5S.
Sarà stato il riferimento al
Quarticciolo, sarà stato il tono gagliardamente popolaresco dello
scambio dialettico, ma il video mi ha ricordato un memorabile passaggio
di “Ladro lui, ladra lei”, una commedia di Luigi Zampa del 1958. Nella scena, la padrona dell'atelier di moda Marialele, interpretata da Marisa Merlini (doppiata in
realtà da Lydia Simoneschi), passa dall'italiano forbito, con
birignao in francese à la page, al più puro romanesco, quando il suo vecchio amico d'infanzia Cencio (Alberto Sordi) la riconosce come “a fija de Zaira a
Stracciarola”. A Cencio, che le chiede di "togliergli una curiosità" e di dirgli con che lana è tessuto un vestito dell'atelier d'alta moda, Marialele, con sguardo d'intesa, confessa che si tratta proprio di "lana mortaccina", cioè di "lana delle pecore morte di malattia": lana di ultima scelta, insomma.
A differenza del personaggio interpretato dalla
Merlini, alla Taverna non fa difetto la sincerità (né,
probabilmente, l'onestà): lei, l'italiano forbito, manco sa dove sta
di casa. Viene però da pensarla in un ideale lieto fine di questa
tragicomica debacle, mentre a riflettori spenti, spogliati i ruoli
istituzionali che la vita pubblica ci costringe tutti a recitare,
finalmente s'intende col suo contestatore: “a Paola, ma lévame 'na
curiosità... ma questo, che è?”. E lei: “A Ce', ma che domande
me fai: questo è accattonaggio de voti!”.